Recensione Frantz

“Frantz” di François Ozon

In una Germania post bellica, che piange i propri morti scomparsi nelle trincee della Grande Guerra, un anziano medico e sua moglie, vivono un dolore rassegnato per la perdita dell’unico figlio, Frantz. La fidanzata del giovane soldato condivide con loro le stanze di una borghese abitazione e questo lutto composto e silenzioso. Ogni giorno porta dei fiori sulla tomba vuota di un promesso sposo che è rimasto cadavere in terra straniera e nemica. La vicenda diventa intricata, e per certi aspetti misteriosa, quando si presenta un giovane sconosciuto che chiede di parlare con i genitori del soldato.
Il regista François Ozon, nel film “Frantz”, gioca con abilità continui svelamenti narrativi che, con sorpresa, cambiano più volte la struttura del racconto.  Presentata al Festival di Venezia 2016, l’opera si caratterizza per eleganza stilistica nelle immagini e nei dialoghi. Soprattutto questi ultimi propongono sollecitazioni forti e provocatorie sul tema della guerra e delle sue conseguenze sugli animi dei sopravvissuti.
La storia, che non vogliamo rivelare nel suo epilogo, fa emergere in modo evidente tre dicotomie tematiche su cui riflettere.
La prima riguarda il conflitto tra illusione e realtà. Nelle parole, nei pensieri e nelle azioni dei personaggi c’è un continuo intreccio tra ciò che si vorrebbe come vero, tra ciò che si crede sia vero e la cruda ed inaspettata realtà. Rimane il dubbio di coscienza tra la scelta di una serenità che ci riporta alla vita, costruita però su una illusione, o la verità emotivamente distruttiva.
Il secondo dualistico contrasto è tra afflizione (a volte disperazione) e speranza. Qui il regista usa anche un elemento stilistico attraverso l’uso dei colori. C’è un passaggio dall’afflizione e dallo svuotamento della speranza, caratterizzato da immagini in bianco e nero, alla ricostruita serenità, o riscoperta della gioia, dove le immagini virano sul colore. E’ come rappresentare una vita che manca di colore nella rassegnazione e riprende le proprie tinte con l’evidenziarsi di un barlume di speranza.
Il terzo conflitto tematico ci riporta anche al filo conduttore della rassegna: la misericordia. La dualità è tra disprezzo e compassione. Sono evidenti gli odi che permangono nell’animo di chi sente vittima di un sopruso o di una violenza. I sopravvissuti alla guerra, che sono poi madri, padri e mogli di chi è stato ucciso, mostrano il loro disprezzo per il nemico che si è macchiato con il sangue dei propri cari. Tutto questo però fino a quando si scopre nell’altro se stessi. Anche il popolo avversario ha vissuto violenze e uccisioni per mano di coloro che si innalzano come eroi. Come dire: il nemico, visto con gli occhi dell’altro, siamo noi. La “fidanzata vedova” di Frantz, andando in Francia, terra nemica, scopre un mondo capovolto dove i persecutori sono le vittime.
Ecco allora che emerge una compassione che nasce da una scoperta: siamo tutti fratelli in un destino che ci coinvolge. Potremmo dire: siamo “consorti” in una umanità che ci accomuna. Dopo questa presa di coscienza può iniziare il cammino verso il perdono.
                                                                                                                 Enzo Riccò

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