Recensione "L'attesa"

“L'attesa” di Piero Messina


In una Sicilia dalla bellezza decadente, animata da culti di religiosità popolare dal sapore antico, quasi esoterico, è ambientata la vicenda del film “L’attesa” di Piero Messina. 
Due donne, sradicate dalla loro terra francese, condividono i giorni che precedono la Pasqua negli ampi saloni di una villa che ha gli echi di passati fasti nobiliari. Una è una giovane ospite, che arriva inaspettata pensando di trovare il fidanzato che non vede da tempo; l’altra è Anna, la madre del ragazzo, sconvolta dal dolore per la recente morte del figlio. L’incapacità di accettare questo evento terribile la porterà a negare, soprattutto a se stessa, e a fingere con la giovane, l’attesa di un imminente ritorno del figlio.
E’ un grande affresco sulla sofferenza originata da una perdita, il film di Piero Messina. Una mancata elaborazione del lutto che porta ad una estraniazione ammutolita e disincarnata dalla realtà. La recitazione di Juliette Binoche è quindi di grande intensità. L’angoscia disorientante sembra non trovare alcuna possibile compassione. Questo ci rimanda al tema conduttore della rassegna: la misericordia. E’ possibile la consolazione da una tale afflizione? 
La risposta sembra venirci da una rappresentazione simbolica: la statua della Madonna addolorata, preparata per gli eventi del triduo pasquale. In una prima scena viene trasportata, lungo una via lavica e luttuosa, completamente avvolta in un imballaggio nero. Rappresenta l’incapacità del dolore di trovare una voce, è come un avvolgimento in se stessa per una muta disperazione. Durante la celebrazione del venerdì santo, la stessa statua viene letteralmente svelata. Anna sembra uscire da un sogno. Il dolore viene condiviso e le due donne si abbracciano in una cruda accettazione della realtà. 
Il film risulta complesso per la sua struttura simbolico narrativa e per l’uso preponderante della lingua francese, adeguatamente sottotitolata. Le immagini sono di grande impatto evocativo e ritornano frequentemente il tema dell’acqua e della luce contrapposta al buio. Dall’oscurità in certi casi emergono le figure e, cosa più interessante, dal buio vengono a volte come inghiottite.  
Resta nell’animo dello spettatore la scena commovente della madre che stringe piangente un materassino gonfiato dal figlio scomparso. Aspira l’aria che ne esce. Ricorda l’alito di vita che, come racconta la Genesi, Dio soffia nelle narici di Abramo. E’ come se una madre potesse respirare e far tornare a sé una vita che ha dato al mondo e che ora si è spenta.

Enzo Riccò

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